Un anello verticale sulle gole del Salinello

Tra eremi, ruderi di castelli, leggenda che diventa storia e storia che sconfina nella leggenda.


Un anello sulle gole del Salinello, ovvero quando la montagna si fa leggera. A scanso di fraintendimenti alla fine avremo percorso circa 16 km con un dislivello di quasi 1000 mt, per “leggera” non intendendo una montagna priva di fatica, ma una montagna bella da salire, da perlustrare e da godere; quando alla bellezza naturalistica e paesaggistica si aggiunge un cicerone d’eccezione, che oltre disimpegnarti completamente dalle scelte del percorso ti arricchisce di spiegazioni e appunti storici e leggendari, l’escursione fila talmente veloce che nemmeno ti accorgi del buio del tramonto che ti è già addosso. Questa volta siamo nel teramano, nel Parco del Gran Sasso e monti della Laga ma periferici rispetto alle montagne più famose, a scorribandare sui Monti Gemelli, in particolare sul lato della montagna dei Fiori, a tagliare con un anello “verticale” i ripidi fianchi di questa montagna che danno sulle gole del Salinello. L’escursione è nata per caso; la sera prima un messaggio al mio amico Tonino per sapere se avevano qualche escursione in programma cui accodarsi ha prodotto una convocazione “al buio” . Appuntamento la mattina successiva alle 8. Che bella Ascoli, le montagne sono “più vicine” e sono tante, c’è solo l’imbarazzo della scelta, un gruppo selezionato di amici, ha sempre in riserbo una escursione da non perdere, ora in quota, ora sugli sci o con le ciaspole e quando le condizioni non sono ideali nelle montagne minori lì attorno, piene di storia e di interesse antropologico. Tonino, che le conosce tutte, ma proprio tutte fin negli anfratti quasi privi di sentieristica si diverte molte volte a farci conoscere percorsi altrimenti impossibili da seguire, molte volte nemmeno riportati sulle carte; oggi è stata una di queste, per lui era un ritornare sugli stessi sentieri ma gli serviva da ricognizione per raccogliere dati per una rivisitazione della carta dei sentieri di prossima pubblicazione. Non solo, un sentiero nel tratto alto delle gole era da poco stato riaperto ed occorreva assicurarsi che fosse percorribile. E’ solo la mattina alle 8 che comunque vengo a conoscere la destinazione, ed è un piacere sottile quello di non preparare l’escursione, ti rechi all’appuntamento, ti accodi ed inizi a camminare. Da Ascoli ci si impiegano venti minuti a raggiungere Ripe di Civitella, un borgo di poche anime situato a 580mt s.l.m., proprio sull’imbocco delle gole del Salinello; arrivati a Ripe superiamo la canonica del paese e prendiamo subito a sinistra, la strada diventa brecciata e dopo un chilometro circa termina in un ampio parcheggio con un’area attrezzata che d’estate deve essere molto frequentata. Per spiegare molte note che seguiranno va detto che per secoli da queste parti è passato il confine tra lo Stato della Chiesa e il regno Borbonico, che per anni, prima sotto il dominio francese e poi quello piemontese frotte di contrabbandieri e briganti hanno riempito pagine di storia, spesso molto cruenta e sanguinaria, che fuori dalle gole, a Civitella, l'imponente fortezza borbonica fu l'ultimo bastione a cadere dopo l'Unità d'Italia, che su queste montagne, come in Majella, intorno al 1200 si è mosso un intenso e diffuso movimento mistico di eremitaggio che ha prodotto e disseminato le gole e le coste ripide e selvagge di eremi, che insomma anche se di montagna minore si tratta, molta storia e molta cultura da queste parti è stata scritta. Inoltre secondo lo storico Niccolò Palma, sui ripidi contrafforti del monte Girella passava la via Metella, una strada consolare romana realizzata da Cecilio Metello, una “scorciatoia” alla Salaria per mettere in comunicazione il Lazio all’Abruzzo e alle coste dell’Adriatico. Un tratto da Ripe a Macchia da Sole coinciderebbe proprio con questa antica strada, si tratta di un ottimo sentiero, con muretti di sostegno e molto comodo da percorrere. Ed è su parte di questa via che Tonino ci accompagnerà a respirare aria di macchia mediterranea e storia antica e recente, storia di ascetismi e di tribolazioni. Siamo dunque a Ripe di Civitella, a destra, verticale, la vetta della montagna dei Fiori anche chiamata monte Girella, a sinistra, dall’altra parte del Salinello, sempre molto verticale, la vetta e i ripidi costoni della montagna di Campli, anche monte Foltrone; un giorno mi dovrò ricordare di chiedere il perché dei doppi nomi con cui vengono battezzate le montagne da queste parti. Giunti al parcheggio prendiamo il sentiero che inizia proprio li a lato, quasi subito l’affaccio sulle gole si fa prepotente e verticale, giù in fondo il Salinello forma un vascone levigato color verde smeraldo ed incassato nella forra che sfocia in un spumeggiante cascata che i locali chiamano del Caccamo. Pochi metri ancora ed un bivio sul sentiero devia per un centinaio di metri a destra, in salita, verso quello che è l’Eremo di Sant’Angelo. Forse l’Eremo su queste montagne meglio conservato; è stato a lungo, ora più ora meno, utilizzato come cappella celebrativa per i vicini paesani di Ripe. Il grosso antro della caverna è ben conservato, stranamente la porta di accesso non è chiusa nonostante la grossa serratura e i serramenti per dotarla di lucchetto, stranamente e per fortuna l’interno è privo delle solite scritte che imbrattano questi luoghi troppo accessibili. Comodo l’accesso grazie a percorsi attrezzati, l’eremo è stato restaurato di recente, frutto della collaborazione dell’ente Parco, della Soprintendenza Archeologica d'Abruzzo e dell'Università di Pisa; spiccano un altare risalente al 1236, una scala che sale ad un affaccio mozzafiato sulla valle e ciò che resta di quella che doveva essere forse una sorta di cucina posta sull’altro affaccio dell’antro, quello verso le gole. Difficile immaginarci una vita continuativa, anche per degli asceti eremiti, ma così è stato e per lungo tempo. Questa grotta e altre disseminate nel territorio, benchè scomode e poco accessibili, risultavano abitate già dal Paleolitico Superiore (10.000 anni a.C.), in particolare proprio nella grotta di Sant'Angelo sono stati ritrovati molti reperti archeologici di notevole interesse storico. Ritorniamo sul sentiero principale, un bel sentiero, ben tracciato e molto ampio a tratti, ancora più affascinante se lo riconduciamo alle ipotesi più leggendarie che storiche che possa essere l’antica via Metella, l’antica via utilizzata per il trasporto del sale o semplicemente la più diretta, per questa parte del versante adriatico, verso Roma. Il sentiero è quello basso, quello che a mezza costa porta verso il Castel Manfrino, verso Macchia da Sole; una ventina di minuti dopo la grotta il sentiero si biforca, un grosso omino è nella biforcazione dell’incrocio, prendiamo a destra e si inizia a salire repentinamente. Tratti ben marcati, si segue il profilo della montagna dentro un bosco di lecci, si scontornano fossi e si superano gli spigoli delle dorsali che formano balconate naturali dagli affacci prepotenti sulle gole; per superare una bastionata rocciosa il sentiero si inerpica con svolte ripidissime contenute da magnifici muretti a secco indubbiamente segno di una archeologia rupestre antica e molto vissuta. Alcuni tratti sono meno certi, si viaggia ad istinto ma Tonino ha la bussola in testa; saliti di quota si gira intorno allo spigolo del Girella, si entra nel versante Ovest, la parete si fa rocciosa e molte sono le guglie che si sfiorano, i panorami si allungano fino alla Laga, il Sevo è là davanti, poco innevato; si inizia a dominare la grande piana di Macchia da Sole, i ripidi costoni del Foltrone sono verticali sulle gole e sulle rovine di Castel Manfrino che spiccano giù sulla bassa valle, da qui in avanti si percorre il tratto di sentiero da poco riaperto, su una roccia a grossi caratteri il sentiero è stato intitolato ad Ho Chi Minh, quasi a voler paragonare questa boscaglia a quella vietnamita; dopo due ore dall’eremo di Sant’Angelo, siamo in vista di quello di Santa Maria Maddalena. Il sentiero sfila dal bosco, una fascia rocciosa spoglia in alto, anticipata da un ripido pendio erboso quasi privo di sentieri battuti nascondono una grotta ed una piccola cengia; se non conosci che sotto quelle rocce si nasconde la grotta non ti arrampicheresti mai su quel pratone, solo l’esperienza di Tonino ci permettono di andare a colpo sicuro. La grotta è più piccola della precedente, meno profonda, la parte alta si inerpica ed è “sgarrupata” di massi franati, non utilizzabile, gli storici ci dicono che questa grotta, come le altre, fu abitata dalla metà del 1200 da eremiti benedettini ed era pertinenza della grotta-monastero di Sant'Angelo in Volturino, situato poco distante nella valle Castellana; fu abbandonata intorno al 1600 e divenne rifugio di pecore e capre. Raniero Giorgi nel suo libro "La grotta di S. Angelo e l'ordine eremitico di San Benedetto" ne parla diffusamente; i resti di una parete di contenimento ancora parzialmente intatta a ridosso della grotta interna e due muri paralleli antistanti lasciano pensare ai resti di un altare, davanti, al limitare della volta i bassi resti di un muro certamente delimitavano l’eremo; nel mezzo una vasca profonda, probabilmente un pozzo per raccogliere e conservare l’acqua che di certo stillava dalle rocce soprastanti. La grotta affaccia su un pendio ripidissimo che da sul Foltrone e sulle gole, tra l’eremo e il pendio una terrazza di pochi metri dove di certo si portavano avanti le poche piantagioni di fagioli e ceci che dovevano contribuire alla sopravvivenza degli asceti. Siamo intorno ai 1000 metri di altezza , qui più che nella grotta precedente di S.Angelo, viene ancora più difficile intuire una pur minimalista presenza umana. Incredibile ma le fonti storiche attribuiscono a Papa Benedetto XIII, nel 1724, la concessione dell'indulgenza a tutti i pellegrini che visitavano questo luogo di culto. Questo eremo è uno dei più isolati, alto rispetto ai più, posizionati a fondo valle; fino a poco tempo fa si raggiungeva quasi esclusivamente dal versante Ovest, dalla Corce di Corano, la sella che divide il comprensorio del Salinello da quello della Valle Castellana; ora, dopo che l’ultimo tratto di sentiero che abbiamo percorso, è stato liberato dalla boscaglia che lo invadeva, raggiungerlo da Ripe lo rende un obiettivo davvero molto suggestivo e gratificante. Ripartendo dall’eremo di Santa Maria Maddalena , continuiamo a scontornare il Girella verso Ovest, ora meno ripido, i lecci hanno lasciato il posto ad un bosco di querce, gli orizzonti si spalancano lentamente verso la Laga fino al Gorzano e contemporaneamente sul Vettore. Sopra domina la grossa e lunga corona rocciosa del Girella, che rende questo versante in netto contrasto con quello boscoso e degradante ad Est; Tonino non lesina informazioni, la oltre Macchia da Sole, sulla valle boscosa che si alza dalla parte opposta alla nostra, non c’è dato vederlo ma esiste, c’è un piccolo lago, è la sorgente del Salinello. La Corce di Corano, la sella, è ancora lontana ma ormai a vista, tagliando il pendio ci dirigiamo verso la strada che l’attraversa, ma non è là che dobbiamo arrivare, la nostra prossima meta è il borgo abbandonato delle Canavine più a valle; lo raggiungiamo dopo aver percorso per un breve tratto la sterrata dove sfocia il sentiero e dopo aver tagliato il declivio ed intercettato un sentiero che ci porta ad una bella fonte, accanto al borgo stesso. Siamo poco oltre metà strada, la sosta alla trattoria di Macchia da Sole è saltata, un cambio di gestione ha portato anche un cambio di orari d’apertura. Non rimaneva che dar fondo alle provviste e ripartire verso il rientro. Non tocchiamo Macchia da Sole, e ci dirigiamo verso Castel Manfrino, un rudere di una antica fortezza, il sentiero per raggiungerlo è molto evidente fin dalla fonte; “ Il Castello sorgeva su un promontorio roccioso, tra il torrente Salinello, proveniente dall'area della Montagna di Campli, ed il fosso Rivolta, che scendeva dalle Canavine, alla base della Montagna dei Fiori. Le origini del Castello di Macchia sono dibattute, anche se viene ormai accettata la tesi dello storico teramano Niccola Palma, che ricostruì la storia del manufatto secondo lo schema che riportiamo qui di seguito. In principio, sul luogo esisteva un accampamento fortificato romano, una "castrum" che probabilmente controllava e difendeva la "via del sale"; esso fu occupato, in seguito, dai Longobardi, all'epoca della loro invasione. Sui resti di questa costruzione Manfredi di Svevia avrebbe fatto erigere il fortilizio, secondo i modelli costruttivi dell'epoca. L'organizzazione dei lavori, iniziati nel 1263, si deve al generale Percivalle d'Oria e la scelta del luogo, oltre al fatto che preesistevano delle strutture fortificate, deriva dalla volontà del sovrano svevo di rafforzare la cerniera difensiva che univa la Valle Castellana alla futura Rocca di Civitella del Tronto, nella convinzione (risultata errata) che le armate di Carlo d'Angiò invadessero il Regno di Sicilia seguendo la via naturale costituita dalle gole del torrente Salinello. Sulla linea di confine erano allineati i castelli di Pietralta, Macchia, Civitella del Tronto, Rocca di Murro e Colonnella… le mura di cinta, con l'asse longitudinale ad orientamento N-S, erano lunghe un centinaio di metri circa e larghe 20-25 mt., … la cinta muraria aveva un andamento tortuoso e occupava per intero lo spazio disponibile…” altre allettanti note, curiosità, equilibrismi politici, sempre in bilico tra storia e leggenda del passato si possono trovare nel sito dove ho tratto queste fonti ( http://www.castelmanfrino.it/storia.html). Imbarazzante il senso di rispetto che provo per la storia che emana questo rudere, mentre lo attraverso sui camminamenti disposti, penso a questo spicchio di terra, rude e intricata, in bilico tra Abruzzo e Marche; inimmaginabile quanto sia intrisa di storia. Terra povera e di confine, la via Metella tra storia e leggenda l’ha attraversata fin dai tempi dell’antica Roma, ha subito l’invasione dei Longobardi prima e quella pacifica degli eremiti dopo, qui passava il confine tra stato borbonico e pontificio, qui si sono battuti francesi e piemontesi durante la riunificazione dell’Italia, qui si sono diffusi ed hanno imperversato bande di briganti che formando veri e forti eserciti, prestando la loro opera ora all’uno ora all’altro hanno vessato in lungo ed in largo il territorio. La seconda volta che sfioro queste montagne e la voglia di approfondire e conoscere cosa è stato in mezzo a questa intricata vegetazione è forte; mi emoziona la tanta ricchezza culturale e le tante suggestioni che i nostri territori, le nostre montagne, la nostra Italia riesce a darti solo con una bella passeggiata. Attraversato Castel Manfrino sulle comode passerelle e scale, Tonino punta diritto un quasi sentiero che esce dalla parte opposta del Castello e che si inabissa verso il fosso sottostante; lo definisce una scorciatoia, non ci sono segnali ma un percorso battuto ricoperto di foglie sembra davvero condurre con precisione verso il fondo del profondo fosso. Il rumore dell’acqua si inizia a sentire, la luce è sparita, siamo incastrati in basso, mentre un vascone verde attira la nostra attenzione; si tratta del fosso del Lago che scende dalle Canavine, poco più giù, scendendo ancora un poco lo attraversiamo comodamente, siamo così incassati che non si riescono a vedere le montagne intorno. Sulla parte opposta, saliamo ripidi e senza sentiero ancora, non più di quindici minuti dura la salita fin che non intercettiamo il sentiero che proviene da Macchia da Sole, quello basso che attraversa le gole del Salinello. Ora guardando su, i profili delle rovine del castello si intuiscono, anche le rupi del Foltrone tornano a darci un che di familiare. Non rimane che prendere verso Est, il sentiero ormai ci ricondurrà a casa, preciso, ben marcato e ben segnato. Alcuni tratti si affacciano sulle strapiombanti ed intricate gole del Salinello, Tonino ci aspetta per darci approssimativamente l’ubicazione di altri eremi, ancora più in basso nell’intricata vegetazione e nel mezzo di guglie e pareti strapiombanti sul fiume; San Marco, San Francesco, Santa Maria in Scalena sono solo alcuni, non li vediamo, intuiamo solo le impervie posizioni, alcuni, ci dice sempre Tonino, raggiungibili solo attraversando esposte falesie o pareti; su un costone, dall’altra parte del Salinello, sotto le rupi del Foltrone è molto evidente una grande grotta rotonda, o quello che rimane di una grotta; la leggenda si diverte a raccontare che San Francesco, dalla sua grotta-eremo ci avesse visto il demonio e che lo avesse “sparato”, chissà come, e quel foro sia ciò che rimane della forte deflagrazione. Corrono i minuti, la valle si fa buia e fredda causa la forte umidità nell’aria, acceleriamo il passo anche se stanchi e dopo un’ora e mezza circa ci ricongiungiamo al sentiero della mattina. Ancora mezz’ora e siamo alle macchine. Un sentiero ad anello, verticale l’ho definito, abbiamo tagliato il monte Girella molto alti sulle gole del Salinello all’andata, e più a valle al ritorno, vegetazione intricata, macchia mediterranea, leggende che sconfinano nella storia e storia che diventa leggenda, le montagne, quelle importanti, la Laga ed i Sibillini a non perderci d’occhio poco lontano, gli ingredienti per una bella giornata in montagna ci sono stati tutti. Entusiasmante la definirei e ancora di più entusiasmante è la sensazione di incompiuto che mi ha lasciato. C’è molto da vedere e per cui vale la pena ritornare; gli altri eremi giù in basso, per affascinarsi ancora con la storia, le forre e le cascate delle gole del Salinello per lasciarsi affascinare dalla natura. Quando si dice che sotto i 2000 c’è un mondo da scoprire è proprio tutto vero. La descrizione dell’escursione non può essere più dettagliata, la configurazione verticale del territorio ed anche molto intricata, non permette di riportare grandi riferimenti, la mia conoscenza di questo pezzo di Appennino inizia praticamente ora e la mappa che riporto non può che essere approssimativa dal momento che un tratto del sentiero, quello che è stato da poco riaperto non viene nemmeno riportato. Molte informazioni, oltre che dalla viva voce del mio amico Tonino le ho tratte da vari blog del web che per giustizia e gratitudine cito:
di Tonino stesso http://www.auaa.it/articoli-escursionismo/317-gole-del-salinello-monti-della-laga,
dei Lupi del Gran Sasso http://www.lupidelgransasso.it/index.php?option=com_content&view=article&id=180:eremi-salinello1-4-dicembre-2011&catid=31:escursioni&Itemid=46
non conosco l’autore http://coninfacciaunpodisole.it/aree-protette/82-parco-gran-sasso-laga/226-alla-ricerca-degli-eremi-nelle-gole-del-salinello-sotto-una-pioggiascrosciante,
Carta di riferimento “I monti Gemelli, ed SELCA, 1:25.000